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Cagnano Varano: San Nicola Imbuti



Il viaggiatore non distratto, che costeggia la riva occidentale della laguna di Varano, rimane felicemente impressionato, colpito dalla presenza di manufatti pressoché centenari, testimoni singolari, benché fatiscenti, della storia di San Nicola Imbuti, oggi San Nicola Varano.

Il sito, che dista da Cagnano Varano circa 10 km, si trova nel punto in cui una lingua di terra ai piedi del bosco San Nicola (versante orientale di Monte Devia) si getta nelle acque, delineando appunto la forma dell’imbuto, da cui ha tratto la denominazione in epoca medievale.

La vicinanza dalle Isole Diomedee costituisce uno dei motivi fondamentali per cui San Nicola Imbuti diventa pertinenza di quel complesso monastico benedettino, che in passato ha svolto importanti funzioni politico-culturali e religiose.

Dal punto di vista morfologico, tutto il tenimento si presenta come una collina molto dolce, digradante verso la laguna, popolata da piante e arbusti tipici della macchia mediterranea, piantagioni di fave e di ortaggi, tra cui emerge la coltura specializzata dell’olivo.

Nella zona manca un’idrografia superficiale, mentre all’interno della penisoletta, ai piedi del lago, si nota la presenza di due sorgenti, la quale sicuramente deve avere inciso nella scelta del sito da parte dei benedettini, che vi si insediarono nell’XI secolo.

Dal punto di vista antropico, lo scenario dell’Imbuti è oggi occupato dall’ex Idroscalo intestato al tenente macchinista Ivo Monti, costituito da una trentina di edifici stile coloniale, che versano in uno stato di degrado, tranne una palazzina, restaurata cinque anni or sono e – purtroppo- non resa funzionale, tanto da meritarsi l’appellativo di “cattedrale nel deserto”.

Edifici maestosi, ben allineati, collocati intorno a Viale Irene, che dimostrano la grandiosità del progetto, realizzato nel secondo decennio del XX secolo, per contrastare gli attacchi austriaci provenienti dalla sponda opposta dell’Adriatico. Edifici riutilizzati nel secondo conflitto mondiale dai militari che compirono diverse e importanti operazioni.

L’area di San Nicola Varano nella parte più elevata ospita i resti della chiesa di Santa Barbara, edificata nel 1918-20 per favorire il culto agli ufficiali e a tutto il personale, che dimorava nell’idroscalo.

La presenza di un importante tracciato in epoca romana

Nel sito sono presenti evidenti tracce di frequentazione medievale, mentre andrebbero effettuate ricerche riguardo a insediamenti preesistenti. E’ possibile, infatti, supporre che il monastero di San Nicola sia nato su una preesistente villa romana. E’ certo che nella Roma imperiale l’area di San Nicola Imbuti è raggiungibile, percorrendo una strada proveniente da Teanum Apulum, vicino al Fortore, nei pressi di Lesina, e proseguente per Fara (poco distante da Imbuti).

è stato ipotizzato che questa strada in epoca romana abbia svolto importanti funzioni politico- economiche, collegando antiche città e ville- fattorie insistenti nei “municipia” del Gargano nord: Teanum Apulum (San Paolo Civitate), Lesina, Civitella (Sannicandro G.co), Avicenna (Cagnano-Carpino), Monte Civita (Ischitella), dove di lì a poco sarebbero sorti i relativi comuni.

Nel Medioevo: Le migrazioni del tardo impero e durante la dominazione bizantina

Dopo il V secolo, in seguito alle invasioni barbariche, diversi centri abitati del Gargano insistenti lungo la costa e le vie di comunicazione, si spopolano per ragioni di sicurezza, mentre piccole comunità, i Casali, cominciano a nascere nei luoghi più sicuri dell’entroterra. I Bizantini, che dominano ancora per lungo tempo il Gargano settentrionale e orientale, si adoperano per far rifluire la vita nei luoghi abbandonati, favorendo l’immigrazione dai Balcani e la ripresa economica dell’area considerata. E’ poi la volta dei Longobardi, i quali s’impossessano di vasti latifondi e cominciano a controllare l’economia del territorio, presidiando strade importanti e costruendo Fare che, da istituzioni familiari organizzate militarmente e politicamente, finiscono col rappresentare delle tenute agricole.

Situata lungo l’importante direttrice proveniente da Civitate, la Fara svolge l’importante funzione di controllo del traffico attivato tra le lagune di Lesina e di Varano, nel tempo in cui [l’alto medioevo] la pesca viene esercitata soprattutto nelle acque lacustri e lungo la costa, come conferma il prof. Corsi.

Cellam Imbuti

Uno dei palazzi dell’Imbuto, situato vicino alla sorgente omonima, nasconde tracce di una esistenza più lontana: è cellam Santo Nicolay dello Inbuto, pertinenza di Kàlena, quindi della grande abbazia tremitense, fino al 1782. Lo attesta una chartula offertionis , la quale precisa che Sariano, abitante di Devia [in territorio di San Nicandro G.co, popolata da slavi provenienti dai Balcani ], dona al monastero di Santa Maria di Tremiti, metà casa, una vigna e un terreno incolto, due botti e quattro appezzamenti di terra, uno dei quali confina con un’antica strada che conduce all’Imbuto (via veteres, qui descendit ad ipso Imbuto). In un altro documento del 1058 si legge che a San Nicola, situato nell’Inbutus, c’è una cella e intorno a questa ci sono vigneti e terre di sua pertinenza.

Nel 1173 Raone, signore di Devia, tenta d’impossessarsi del tenimento dell’Imbuto, ma c’è uno degli instrumenta a confermare la venditionem fatta da suo padre, il quale non riserva per sé o per i suoi eredi alcun diritto in quel territorio (nullo iure sibi vel suis heredibus riservato in ipso tenimento). Un vasto tenimento i cui confini (fines)– come esplicita la fonte- iniziano dal capo e porto di Sant’Andrea (Capojale), e la spiaggia, pietra Ticzoli, Sant’Elia, gira intorno al lago, abbracciando Monte Zitano, quindi lacum Cernuli, dove insiste un pesclo e una centia, prosegue con Nido di Corvo, taglia poi dritto per il lago e si ricongiunge con il tenimento d’Ischitella, laddove è l’entrata iumentorum, (al centro Isola Varano), prosegue per metà isola e si ricongiunge al primo confine, includendo la chiesa di San Giovanni. Nella sentenza giudiziale pronunciata a Palermo e sottoscritta anche da Gentilis, signore di Cagnano del tempo, la curia regia dette torto al signore di Devia e lo condannò a pagare 200 once , mentre a Santa Maria di Kàlena è riconosciuto il pieno diritto sul tenimento dell’Imbuto.

I privilegi di re Guglielmo II, firmato a Palermo il 7 maggio 1176 e di Innocenzo III del 3 febbraio 1208 confermano che la cella di San Nicola Imbuti con le sue pertinenze, il castro, boschi, terre e vigneti costituiscono beni di Kàlena e di Tremiti. Fonti significative anche per il fatto che evidenziano la presenza di una fortificazione, data la presenza del castrum, e di coltivazione specializzata (vineis), oltre che dei boschi (silvis), da cui ricavare legna.

La leggenda

La tradizione del luogo vuole che i monaci dell’imbuti fossero amici di Noè, quindi del vino, di cui avevano botti enormi, grandi persino quanto la montagna retrostante al convento. Una di queste botti, aveva appunto la cannella che giungeva al refettorio. Da essa cannella i monaci spillavano generosamente il buon vino per sé e per i visitatori ospiti e, siccome il vino non finiva mai, questi pensavano che si trattasse non di una botte, ma di una sorgente.

I Corsari e l’evacuazione

Secondo una tradizione orale i monaci, recandosi con un sandalo all’abbazia di Tremiti, da cui al momento dipendevano, per sbrigare alcune faccende, si accorsero che una squadra di Corsari stava ombardando l’abbazia di Santa Maria e che, spaventati, pensarono subito di tornare indietro a San Nicola dell’Imbuto, per mettere in guardia i fratelli rimasti, mettendoli a parte dell’accaduto. Si erano appena messi in salvo che giunsero i Corsari, i quali prima depredano, poi distruggono completamente la forma del monastero. I religiosi da allora- narra il frate De Monte- non vi fecero più ritorno. I pescatori, però, quando le acque sono chiare, dicono di vedere in fondo al lago la campana, che invitava i monaci a pregare e a lavorare.

Una rete di monasteri

I monaci cassinensi colonizzano estese aree, insistenti sia nel Gargano Nord, sia nell’area campana, abruzzese e molisana, per motivi di ordine economico, culturale e religioso. Ambiscono esercitare il controllo dei laghi di Lesina e di Varano, perché in questo modo potranno disporre di abbondanti pesci e dei loro derivati: anguille e uova di cefali (bottarga) seccate e molto richieste dai consumatori. Pesce particolarmente consigliato nella dieta dei monaci, costretti ad astenersi dal mangiar carne, che attiva un commercio invidiabile, dirigendosi verso i luoghi interni della provincia di Foggia e oltre, lasciando ipotizzare persino una via del pesce.

Nell’area di San Nicola di Varano sono inoltre diverse sorgenti, le quali danno modo ai monaci di impinguare la loro economia, utilizzando l’importante risorsa, costituita dall’acqua. Il tenimento costituisce una discreta risorsa economica del monastero madre, anche perché vi si riscuotono le decime sull’intero lago.

C’è poi l’interesse religioso e la devozione della gente del luogo a spingere i benedettini a colonizzare il Gargano e la Capitanata. In un tempo in cui è molto forte il flusso dei pellegrini diretti alla Montagna dell’Angelo, si avverte il bisogno di hospitia: ecco perché lungo le direttrici per Monte Sant’angelo viene costruita una rete di monasteri destinati ad avere fortuna. Ricordiamo quelli di San Giovanni de Lama, in San Marco in Lamis dell’XI secolo bizantino, di San Giovanni in Piano, nei pressi di Poggio Imperiale, anch’esso dell’XI sec. e bizantino, di Santa Maria (Lesina), Santa Barbara e San Bartolomeo, Santa Maria e Sant’Andrea, Santo Stefano, Santa Maria di Tremiti. … . C’è, inoltre, la presenza di ordini agostiniani e pulsanensi, come attestano San Leonardo di Lama Volara nei pressi di Siponto (agostiniano), San Giovanni di Pulsano (da cui dipendono gli insediamenti monastici di San Giovanni di Varano, San Pietro in Cuppis (in territorio di Ischitella).

In epoca medievale, la via veteres che passa per l’Imbuti di Cagnano Varano, probabilmente costituisce un’alternativa alla Via Sacra Langobardorum -che allaccia i comuni del Gargano Nord-, dal momento che in agro cagnanese insiste l’interessante grotta di San Michele e dato che è molto vivo il culto per l’Arcangelo.

C’è, infine, chi ipotizza che la forte presenza dei monaci nelle aree sopra citate sia legittimata da motivi politici, legata al bisogno di controllare il massiccio flusso di immigrazione delle popolazioni slave. Può essere utile ricordare che la colonia slava di Devia è a pochi km dalla cella di San Nicola Imbuti, in direzione ovest, e che Peschici, ove insiste Kàlena (sita a circa 15 km ad ovest dell’Imbuto) è popolata da genti proveniente dai Balcani.

San Nicola Imbuti è, dunque, una delle dipendenze di Kàlena che, insieme a Devia, al lago di Varano, a Peschici e ad altri monasteri situati lungo la costa fino a Siponto, accrescono il patrimonio e il prestigio della Casa di Santa Maria di Tremiti.

In età moderna

Benedicto Cocharella e Timoteo Mainardi dell’ordine dei Canonici Regolari di Sant’Agostino risultano rettori del Monastero di Tremiti dopo i Cistercensi, a partire dal 1412. Tremiti è porto sicuro e fonte di approvvigionamento per chi attraversava il mare, scalo di tutte le navi provenienti da Venezia e dall’altra sponda dell’Adriatico.

Nelle pertinenze delle celle cassinensi si pratica ancora la cerealicoltura, la viticoltura e l’oliviticoltura, mentre sul lago si continuano ad esercitare i diritti di pesca, dotando il monastero di ingente materiale da esportare. Pesci di ottima qualità (anguille e capitoni soprattutto), anche essiccati, di cui alla chiesa dell’Imbuti spetta la decima parte. Per salare questi pesci vi sono nelle vicinanze parecchi vivai, cioè dei luoghi vicino al mare in un lago stagnante, dove i pesci vengono catturati e subito dopo salati.

Il lago è appetibile anche per la cacciagione di anitre selvatiche, folaghe e altri uccelli, che giungono in questi luoghi sostandovi d’inverno, oltre che fonte lucrosa anche per pascoli adiacenti: l’intera Isola Varano e adibita al pascolo degli animali ovini, bovini, equini.

Nei secoli XV e XVI i diritti di pesca sul Varano e i beni di Kàlena cominciano però ad essere contesi, dato che nuovi padroni – baroni di Vico e d’Ischitella vogliono appropriarsene. Contese dei feudatari che cessano finalmente con le leggi eversive della feudalità, allorché ai pescatori viene restituito il diritto di pesca.

Tra 1700 e 1900

Nel catasto onciario 1750, voluto da Carlo III di Borbone re di Napoli, riguardo al soppresso convento di San Nicola dell’Imbuto, si legge:

«Il venerabile convento soppresso di San Nicola dell’Imbuto sistente nel tenimento e giurisdizione di questa terra di Cagnano posseduto dai canonici regolari Lateranensi sotto il titolo di Santa Maria di Tremiti della grancia del convento del Carmine della terra di Vico rivela il parroco don Pietro Salvi abbate dei medesimi, come procuratore della medesima, la quale terra possiede in questa [...] beni stabili, scoglio boscoso con terra lavoratoria unita con piscaria di Puzzacchio situata nel lido di esso Convento suppresso 6 miglia distante da questa terra alla terra del lago verso ponente, confinante col suddetto lago e difesa di San Giacomo e territorio di San Nicandro, rendita annua ducati 100 compresi li Puzzacchi, Palude e Porto, sono 383,10;

Possiede una difesa boscosa tra San Nicandro e Cagnano detto San Nicola dell’Imbuti affittata ancora ad uso di manna e da far pece, che confina da levante col demanio d’Ischitella detto li titoli di Paolone, da tramontana col lido del mare di ponente, mezzogiorno e levante con terreno di questa terra, difesa di San Giacomo, lago Varano, e San Nicandro, la quale è stata compassata di carra 215 con l’assistenza di fra Marco Antonio da Milano procuratore di S. Casa secondo dal libro dell’apprezzo di rendita ducati 700 per l’erbaggi e il poi per la fida della mamma a ducati 300, che in tutto sono ducati 1000 iuxta la liquidazione fatta cifra, che ne ricava annui once 3333.10;

Possiede terre seminative alli Coccioliti passa 25, all’Aria piccola passa 30, all’Aria grande passa 38, alla Vadicocca passa 29, alla Vadiorlando passa 60, alla mezzana del Punito versure 2, a Vadivina passi 30; in tutto [d’industrie e di beni]once 3848.20».

Dal catasto murattiano del decennio francese, apprendiamo che il Convento soppresso san Nicola dell’Imbuti, possiede 4300 versure allocate nella Difesa di Ponente, corrispondenti ad una rendita imponibile di ducati10320 [tra le più elevate].

Quando la badia di Tremiti cessa la sua agonia, la Difesa di San Nicola Imbuti in tenimento di Cagnano Varano passa nelle mani dello Stato, per essere poi comprata da Giacomo e Francesco Forquet, domiciliati in Napoli Via Roma già Toledo, n° 185.

Nel primo decennio del XX secolo l’area di San Nicola diviene demanio Marittimo e della Difesa dello Stato, che destina la zona prospiciente il lago ad l’idroscalo, per contrastare gli attacchi aerei provenienti dalla marina austriaca, appostata a Cattaro, sulle sponde della Iugoslavia, mentre i terreni adiacenti – cessato il conflitto- passano in mano a privati e/o usurpatori.

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